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Essere madri oggi

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 VALORIZZARE LA MATERNITA’.

 

 

Le gravi conseguenze della denatalità sono ormai note a tutti, politici in primis che parlano di politiche familiari, ma solo per illudere gli elettori, perché nessuno ha messo in atto manovre capaci di cambiare il trend negativo delle nascite.Gli effetti economici di questa realtà, i giornalisti li propongono ogni giorno su carta stampata e TG, ma tanto per fare notizia, visto che non hanno prodotto nessun cambiamento. Non fare figli determina impoverimento economico, debito di bilancio, incapacità di mantenere lo stato assistenziale, impossibilità di pagare le pensioni.
Cosa fanno i Governi? Non solo non valorizzano la maternità ma la ostacolano!
L’attenzione oggi si sta spostando alla soluzione di questi problemi, non con progetti per la vita e con incentivi alle nascite, ma con programmi di autoeliminazione. Si spingono le persone non più “produttive” a sentirsi un peso sociale, riconoscendo loro il diritto a morire e si risolve, con una libera scelta individuale, il problema della assistenza sanitaria e del welfare.
Gli esseri umani sono utili finchè permettono guadagno, prestigio, potere. Quando non hanno utilità si possono, anzi devono, eliminare.
Anche per la maternità c’è stata questa evoluzione utilitaristica.
A partire dagli anni 60, sotto le mentite spoglie di un diritto di uguaglianza e parità sociale, alla donna è stato chiesto di essere principalmente lavoratrice, come se la maternità fosse un optional. L’uguaglianza sociale in realtà non è stata mai riconosciuta alla donna che, per avere pari dignità è dovuta diventare la brutta copia dell’uomo, che non avendo il “fardello” della maternità ha avuto, ed ha, più possibilità di carriera, di scelte lavorative. Per favore non parlatemi di quote rosa che divento rossa dalla rabbia! Una presa in giro così noi donne non ce la meritiamo …
La vera dignità sociale si ha solo nel rispetto delle diversità tra uomo e donna e nel valorizzare la maternità.
Oggi è riconosciuto importante il ruolo di lavoratrice ma a discapito del ruolo di madre, tanto che per il mondo del lavoro la maternità è un ostacolo. Parlare di indennità di maternità fa venire l’orticaria a tutti i datori di lavoro! Le libere professioniste, per non perdere il mercato, soffocano il loro senso materno trasformandosi in acerrime concorrenti che spaventano l’universo maschile!
Se tu donna lavori a tempo determinato con la gravidanza perdi il lavoro. Attualmente il 52,5% dei giovani under 25 ha contratti di lavoro a tempo determinato, quindi per una giovane donna la gravidanza diventa un rischio elevato di licenziamento. Le gestanti disoccupate rimarranno disoccupate a vita perché una volta divenute madri non troveranno lavoro, i figli sono un problema anche se sei più brava ed efficiente di altri!.
In Italia la maternità è considerata un fatto personale, la realizzazione di un desiderio del singolo senza nessuna benefica conseguenza sociale, un lusso per poche donne che se la possono permettere.
Viviamo in una società che lascia completamente sola la gestante, che la colpevolizza se non ha terminato gli studi, se non ha un lavoro, se ha una carriera davanti, se ha un matrimonio sereno e altri figli, se è sola, insomma la colpevolizza sempre! Frase tipica che una donna si sente dire quando comunica di essere incinta: “Sei incinta e ora come farai?” oppure “Ma non è il momento giusto!” e altre ancora che vorrei omettere.
Questa mentalità ci ha portati ad essere il paese in Europa con il peggior calo demografico degli ultimi 100 anni. Secondo i dati Istat nel 2018 sono nati 439.747 bambini, 18mila in meno rispetto al 2017, confermando il trend negativo delle nascite ormai in aumento da anni.
Eppure la nostra Costituzione all’art. 31 cosi enuncia “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”
Dove è in Italia la tutela della maternità prevista dalla Costituzione?
Chiedo ai paladini dei diritti delle donne: “La gestante è da voi ritenuta donna?”. Perché non risulta che abbiate mai preteso che fosse considerata una figura bisognosa di tutela!
La società offre e permette alla gestante, soprattutto quella in difficoltà, come unica forma di tutela l’aborto! E già per abortire la strada è spianata, l’iter è semplice e completamente gratuito.
Invece gli aiuti per accogliere la vita non esistono. Un esempio tra tanti che aiuta a capire; le analisi per abortire sono gratuite per tutte, per portare avanti la gravidanza no! Non esistono servizi o reti di aiuto pubblici per sostenere le gestanti in difficoltà. Una completa carenza istituzionale. Vuoi un figlio? Sono problemi tuoi! Questo è il messaggio che lo Stato Italiano manda ad una donna nella fase di maggior vulnerabilità, nascondendosi dietro il paravento della “libertà di scelta femminile”.
La nostra politica nichilista, con le leggi mortifere, fa di tutto per rendere accessibile, facile e praticabile l’aborto, combattendo anche contro gli obiettori di coscienza, ma non fa nulla per incrementare le nascite.
A cominciare dall’attuazione dell’art.5 della legge 194 che è rimasta lettera morta fino ad ora. Infatti il percorso che una gestante deve fare se intende abortire prevede, in base a questo articolo, un iter per evitare l’aborto, che resta l’ultima tragica possibilità nel caso le precedenti abbiano fallito. Ma in realtà non ci sono progetti di rimozione delle cause di richiesta di aborto, lasciando la donna nella solitudine, ai suoi problemi.
E’ ora di cambiare mentalità, la maternità va valorizzata e rivalutata come un bene da tutelare e incentivare.
Non è più il momento di ostacolare le donne che hanno il desiderio di diventare madri, che in Italia trovano mille difficoltà, come se avere un figlio non fosse anche un valore aggiunto per la crescita del paese. I figli aumentano il PIL!
Il problema della denatalità in Italia è di tipo sistematico, quindi da affrontare con interventi che non prescindano da un progetto di ampio respiro, che sia visto nel breve, medio e lungo termine, che tenga in considerazione anche una base sociale, pedagogica e psicologica.
L’azione sistematica politica deve considerare le infrastrutture, il sistema sanitario, la scuola, il lavoro la disincentivazione all’emigrazione giovanile, affinchè diventi anche un sistema culturale.
Il primo passo per iniziare a riempire le culle? Trasformare in legge la proposta di iniziativa popolare presentata in Parlamento, già da più di un anno, dal Popolo della Famiglia: il Reddito di Maternità. Questa misura che potrebbe anche subire delle modifiche attuative, sarebbe un volano per sostenere le donne che in famiglie monoreddito non fanno il secondo o terzo figlio considerato un lusso, che abortiscono perché non hanno indipendenza economica, o costrette a lavorare per pagare il muto non possono permettersi di dedicare tempo ad un altro figlio, o solo perché riconoscere il valore sociale ed economico di una donna che lavora con i propri figli a tempo pieno non la renda donna di serie B.
Questo vuol dire un cambio di mentalità, la donna libera di diventare madre, libera di scegliere davvero!
Altro passo importante sarebbe rivedere le leggi sulla maternità. In Italia sono limitanti per la scelta di fare un figlio e a differenza degli altri paesi europei, obbligano al distacco madre-figlio a soli 3 mesi di vita del bambino, quando invece è fondamentale la presenza materna almeno nel primo anno di vita. Inoltre siamo il paese europeo che destina meno fondi alla famiglia (1.3% del PIL contro il 2,1% della media UE27).
Non possiamo più solo parlare, è ora di pianificare un programma serio che riconosca la maternità un diritto che dia alla donna la vera parità sociale: sentirsi libera di essere madre.
E’ ora di trasformare il nostro paese: da “no Kids” al paese dei passeggini pieni!


Germana Biagioni
11 febbraio 2020

 

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