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FINCHE' NON SORSI COME MADRE

Debora Donnini

 

Recensione di Anna Ciappa e Emanuela Pongiluppi Eleuteri

Debora Donnini invoca la pace nella guerra tra i sessi

Per la rubrica "Ecologia umana", diretta con Debora Donnini sulla pagina Facebook e sul canale YouTube dell'associazione

Accade che le persone si incontrano e per motivi “sconosciuti” le loro vite si avvicinano e un giorno succede che un libro le incolla pagina dopo pagina come le labbra a un bicchiere quasi ad abbeverarsi a quelle righe che Qualcun Altro ha fatto scrivere a colei che scopriamo poi essere una sorella.

Le persone siamo Anna e io, la sorella Debora Donnini… quel Qualcun Altro… beh … no spoiler ovviamente !
Anna ed io ci accaparriamo il primo libro di Debora e quasi all’unisono siamo avvinte alle pagine, la lettura scorre veloce, appunto : “Il libro si beve”, mi dice Anna quando ci sentiamo al telefono… da qui l’idea ! “Ma tutto quello che ci stiamo dicendo al telefono, se lo trasformiamo in un articolo ?” Anna, accogliente come solo una madre sa e può essere “Mi piace l’idea, si può fare, anzi dobbiamo farlo!”... precisiamo che nessun orecchio femminile è stato sottoposto a violenza e che Anna è sopravvissuta indenne, o quasi, a qualche “breve” Pongitelefonata.

Così ci mettiamo al lavoro e finalmente l’articolo vede la luce… regaliamo il risultato di uno scambio tra donne, madri il cui interrogativo vibra ininterrotto e provoca la domanda “cui prodest?”.
Nel libro sono citate alcune tra le realtà che sono vicine alle madri e quindi ai figli e per conseguenza alla famiglia (e ovviamente ai padri) come se quelle realtà Debora volesse condurle tutte in piazza S. Pietro non nella rappresentazione e realtà prettamente cristiana ma quale luogo che maggiormente rappresenta l’abbraccio, quell’abbraccio universale della madre.

Emerge quanto nessun leader dei nostro giorni sia stato e sia così vicino alle donne, parli di loro, con loro e per loro come effettivamente fa Papa Francesco in cui sono racchiusi i semi e si stanno dischiudendo i fiori e coglieremo poi i frutti di quanto seminato dai suoi predecessori da Paolo VI passando per il Magno Giovanni Paolo II senza dimenticare GPI - la cui prematura scomparsa è stato di fatto il seme che muore da cui molto frutto ci è stato dato di gustare : il lungo pontificato di Giovanni Paolo II.

Questo saggio è, come scrive Padre Voltaggio nella postfazione, una lieve, manco troppo (aggiungo io), provocazione, una sofferenza che Debora, come madre e prima ancora come figlia e donna, si concede di lasciare fluire prima come lamento nell’osservare e acquisire consapevolezza di quanto il male nel corso degli anni abbia prepotentemente sempre più attaccato la madre fino a trasformare questo lamento in parole scritte… la lettura scorre e le pagine si susseguono fluidamente e dettaglio dopo dettaglio, o seme dopo seme, il lamento, si trasforma in litania poi in grido di allarme, come se quella piccola fiammella possa essere lasciata libera e divampando in fuoco sia capace di trasformare in cenere ogni singolo nemico della madre fonte di vita e necessario alimento di ciascuno essere umano senza dimenticare quanto la sacra alleanza tra madre e padre tra donna e uomo sia fondamento di solidità per la sopravvivenza del genere umano

Debora fa quasi una “lista della spesa” - attività necessaria a ciascuna madre di famiglia che però in qs contesto assume un significato tutto particolare perché nel riportare su un elenco quel che manca in casa propria inevitabilmente ripercorriamo mentalmente ogni singolo luogo, angolo, dispensa e mobile della nostra casa riportando quel che manca in un ordine del tutto personale (c’è chi fa la lista coniugando il percorso nel supermercato a quel che è necessario da comprare o chi compila l’elenco cercando poi negli scaffali quel che serve) paragonando quindi il libro nei suoi primi capitoli ad una lista della spesa Debora riporta gli eventi che ha osservato nel corso degli anni collegandoli alle realtà che a suo avviso si sono spese e si spendono per informare proteggere sensibilizzare sull’attacco più cruento a cui assistiamo : la volontà ferma di cancellare, smembrare quasi demammizzare la madre… crudele “attività” conseguente alla disgregazione dell’alleanza uomo donna…

a chi conviene questa disgregazione ? Per ciascun uomo, per ciascuna donna, sia l’interrogativo a cui rispondere in maniera concreta.

Ricordo perfettamente il giorno in cui Debora Donnini fece sapere attraverso i social che stava nascendo il suo libro, la notizia fu preceduta da un post che richiamò la mia attenzione e diceva testualmente così: “In questo mondo così ferito, forse non oggi particolarmente più di ieri, io voglio dedicare la mia energia, oltre al mio lavoro e a mio figlio che amo entrambi, alle madri e alla difesa della madre. Per me si sta perdendo la bussola ma la madre è quel baluardo che voglio difendere. Lo farò! Da oggi prometto, con i mie tempi, con i miei spazi ristretti, ma lo farò. Per quel che posso lo farò. Difendere la madre è difendere il mondo, l’amore la vita, e quindi l’eternità”. Era novembre del 2019 ed oggi possiamo dire, proprio attraverso la nascita del suo libro “Finché non sorsi come madre” che l’autrice sta mantenendo la sua promessa.

Un libro molto bello, appassionato, che si divora in un sol giorno nel quale Debora si pone come sorella, amica, madre, accanto alle tante mamme che in questo tempo sono schiacciate dalla sofferenza e dalla ingiustizia per leggi ideologiche e criminali che tendono a privarla non solo del bene più caro (i figli), ma che tentano di costruire una società dove la madre è solo un concetto stantio da rimuovere. Volutamente senza tener conto dei figli e delle nuove generazioni nelle quali la distruzione della madre insieme a quella del padre, tatua sulla loro pelle fragilità indelebili.

La prefazione del Prof. Gambino ci introduce in questa avventura con la sapienza del giurista capace di vedere, che insidie ideologiche come il gender e l’utero in affitto, hanno la comune intenzione di distruggere la famiglia e quindi sovvertire la società attraverso lo sfruttamento e l’eliminazione di colei che porta in se la fabbrica della vita. Per non parlare poi della legge 735/2018, cosi detta “Pillon” sull’affido condiviso, ora finalmente accantonata (speriamo per sempre) della PAS e della sindrome di alienazione parentale. E’ bello cogliere nell’autrice una libera e sincera gratitudine nei confronti di ogni uomo o donna, associazione e istituzione che abbia profuso impegno nel difendere la relazione madre/figlio, una particolare menzione a riguardo, viene data all’Avv. Michela Nacca e a Maison Antigone.

Lungi dall’autrice il voler fare contrapposizione ideologica riguardo la figura del padre, indispensabile per poter edificare e difendere la cellula fondante della società che è la famiglia. Quindi per non indurre in tentazione , ma soprattutto per sfuggire ad ogni tipo di tifoseria tipica del nostro tempo, che impedisce di entrare nella complessità del tema, l’autrice si fa accompagnare in questo cammino dal magistero della Chiesa, in particolare da quello di Papa Francesco, che sul tema alleanza uomo-donna ha avuto parole prive di ipocrisia e di sincero invito alla riflessione, parole le sue, destinate soprattutto ad un certo mondo cattolico che vede nell’emancipazione della donna la causa del fallimento della famiglia. Il Santo Padre nell’udienza del 29 aprile del 2015 afferma con chiarezza che questa è una menzogna anzi, incalza dicendo che è una forma di maschilismo che sempre vuole dominare la donna. Così prima di lui, anche San Giovanni Paolo II nella “Mulieris dignitatem” ebbe a dire: “La consapevolezza che nel Matrimonio c’è la reciproca sottomissione dei coniugi nel timore di Cristo e non soltanto quella della moglie al marito deve farsi strada nei cuori, nelle coscienze, nel comportamento e nei costumi”. Un appello questo, continuerà il Santo Padre “che le generazioni che si susseguono dovranno sempre accogliere di nuovo”. E ancora “L’umano generare è comune all’uomo e alla donna. Eppure anche se tutti e due insieme sono genitori del loro bambino la maternità della donna costituisce una parte speciale di questo comune essere genitori nonché la parte più impegnativa…bisogna pertanto che l’uomo sia pienamente consapevole di contrarre in questo, uno speciale debito verso la donna. Nessun programma di parità di diritti delle donne e degli uomini è valido se non si tiene presente questo in un modo del tutto essenziale.” (Mulieris Dignitatem parte sesta)

E’ proprio a partire da queste parole che “Finché non sorsi come madre” ha il pregio di introdurci ad una riflessione profonda, sulla attuale crisi matrimoniale nella società, che non è suscitata solo da condizioni economiche sfavorevoli (che indubbiamente esistono) ma anche dalla incapacità di rendere attraente, alle nuove generazioni, l’alleanza uomo-donna.

Mi veniva in mente che il grande Franco Nembrini, umile insegnante, saggista e pedagogista dei nostri tempi, a chi gli chiede come appunto attrarre le nuove generazioni verso l’esperienza matrimoniale risponde: “Facciamoli schiattare di invidia”, facciamo che guardando ai nostri matrimoni possano invidiarci talmente tanto da desiderarli. Semplicemente geniale, ma ci costringe a prendere atto, dal crescente disinteresse nei confronti dell’istituto matrimoniale (anche tra i cattolici) che forse non sta andando proprio così e sono sempre meno quelli che “schiattano di invidia”. Parte delle ragioni, come ci invita a considerare Debora nel suo libro, sono anche da ricercare nell’aver privato l’alleanza uomo-donna di quelle verità sopracitate dal magistero e che vengono invece erroneamente confinate in un rigurgito femminista.

Con l’autrice, riprendiamo quindi in mano il Magistero della Chiesa che semmai ce ne fosse bisogno sfata il luogo comune di una Chiesa maschilista e di un Cristo misogino, perché proprio le parole degli ultimi Papi, illuminati dalla luce evangelica e tradizione biblica, hanno avuto amore e sostegno per la peculiarità e la dignità della donna, tuonando con forza contro violenze ed abusi.

Proprio Papa Francesco nella messa del 1 gennaio 2020 per la solennità di Maria Madre di Dio e giornata mondiale della Pace afferma che “Ogni violenza inferta alla donna è profanazione del nome di Dio”. La Chiesa ha avuto nelle parole di S. Giovanni Paolo II un amore immenso per la donna, (pensiamo alla “Lettera alle donne”) riconoscendole quel genio creativo e quella capacità sistemica nell’impegno sociale, nella cura della famiglia e nel lavoro, da renderla all’interno della società, una colonna portante. Come portante è la sua vocazione e la sua missione accanto all’uomo.

Scorrendo “Finché non sorsi come madre” le domande che sorgono non sono banali e anche se in parte ne conosciamo già le risposte, è comunque sempre importante riformularle soprattutto per le nuove generazioni e quindi: considerate le molteplici disparità che la donna subisce nel mondo lavorativo, per non parlare dell’indifferenza da parte della società nei confronti del lavoro di cura che ogni casalinga svolge, sommando anche le difficoltà sempre più grandi nel conciliare la vita lavorativa con la famiglia e i figli, viene da chiedersi, proseguendo la lettura, se quello che il mondo femminile ha chiesto in questi anni, alla società e all’uomo, sia stato davvero a misura di donna e di madre o piuttosto non abbia costretto le donne a schiacciarci su posizioni sempre più maschili, obbligandole talvolta ad amputare pezzi interi di vita familiare, quando non proprio a dover scegliere tra prendersi cura della famiglia o lavorare. E chiediamoci anche se sul paradigma donna-madre, sia finalmente arrivata l’ora di unirci, per chiedere leggi su misura, che garantiscano e sostengano economicamente la libertà di scelta, sia di chi vuole conciliare vita familiare e lavoro fuori casa ma anche tutelino e riconoscano il prezioso lavoro di cura, di coloro che investendo la propria vita nel fare e crescere i figli ha scelto di occuparsi a tempo pieno della famiglia.

Infine riprendendo le parole della bellissima postfazione di Don Francesco Giosuè Voltaggio, professore di Sacra Scrittura e Scienze Bibliche presso lo Studium Theologicum Galilaeae (Corazim-Israele), l’autrice vuole pro-vocare, nel senso etimologico della parola, “chiamare all’appello” il lettore, sulla gravità di ciò che intorno alla donna madre sta accadendo. Con la ferma convinzione che questa battaglia si vince insieme, uomini e donne, uno accanto all’altro, oppure inevitabilmente avremo perso tutti. Non a caso il libro si chiama “Finché non sorsi come madre”, queste parole furono pronunciate dalla Debora biblica, giudice e profetessa (Gdc 5,7) che insieme ad un uomo Barak ed una donna Giaele non esitò ad andare in battaglia per la difesa del suo popolo.

Quindi Barak e Giaele di tutto il mondo svegliamoci!!! Il grande drago, che Debora Donnini cita all’inizio del libro, il serpente antico dell’Apocalisse infuriato contro la donna è qui, ora. Proprio per divorare quel bambino immagine di tutta l’umanità.

Grazie Debora per il tuo contributo e in bocca al lupo! Nella difesa della donna madre, dei piccoli innocenti e della famiglia, nel tuo camminare guardati intorno perché ci troverai sempre vicine.

 

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